Il Tartufo bianco è il più pregiato per il suo profumo unico e delicato e perché non è coltivabile, fatto che ne limita la stagionalità e fa fluttuare i prezzi – che possono arrivare fino a 5 mila euro al kg, anche in base alla pezzatura – verso l’alto. Ma, ci sono tante altre specie più comuni (alcuni coltivabili, con tecniche come quelle della mosca o della micorrizzazione) che rendono questo prodotto decisamente più accessibile e disponibile quasi tutto l’anno, con una pausa intorno a maggio.
Ogni specie ha le sue caratteristiche, in Toscana ci sono quasi tutte. Il Marzuolo o Bianchetto, cresce in primavera verso il mare, mentre in estate l’area alle spalle di Firenze è ideale per il Nero Scorzone e il Nero Uncinato. Tra San Gimignano e Volterra si trova il Nero Pregiato – più diffuso in Umbria – mentre il Nrro d’Inverno e il Nero Liscio sono poco conosciuti.
Il Tiglio è una pianta imponenete, che può raggiungere anche i 30 metri di altezza. Le specie autoctone in Italia sono il Tiglio Selvatico (Tilia cordata) e il Tiglio Nostrano (Tilia platyphyllos). E’ una delle piante che meglio accettano la convivenza con i tartufi (bianchi) e i funghi che si sviluppano sotto i tigli hanno tendenzialmente un colore più chiaro e un profumo più delicato rispetto a quelli che per esempio si formano vicino alle radici delle querce.
Il tartufo bianco della Toscana[2] è una varietà di Tuber magnatum che si può trovare in alcune parti dell’Appennino settentrionale (parte orientale) e in una zona centrale abbastanza vasta che si estende dalla provincia di Pisa fino a toccare i confini del Lazio. La specifica legge regionale 50/95 definisce, con l’obiettivo di distinguere le zone di produzione, cinque aree di provenienza: Casentino, Colline Sanminiatesi, Mugello, Val Tiberina e Crete Senesi.
Alla vista si presenta di colore giallino con tonalità tendenti al verde, con superficie esterna liscia, di dimensioni che spaziano da quelle di un’arachide a quelle di un pompelmo. L’interno è di colore marrone sbiadito con lievi sfumature rossastre e sottili venature più chiare. Va consumato fresco, in quanto il processo di cottura ne altererebbe le proprietà organolettiche.